Non è facile neanche per me parlare della mia arte e della mia ricerca stilistica. Il bisogno fisico e mentale di stendere un ponte con un passato che è lì a portata di mano,nelle mie ceramiche,nei miei disegni e nelle mie grafiche veneziane del 1983, mi hanno portata con rinnovata vitalità sulla strada maestra e se da principio era il fare ora è la tecnica ,il mezzo con cui rappresento un’immagine.
Sono un artista artigiano per formazione e mentalità, abituata a produrre un oggetto d’interesse e poiché il quadro è ora per me l’oggetto ideale anche la tecnica che lo produce diventa la tecnica ideale.
Il mio occhio fa proprie le immagini che salgono dal profondo della coscienza e s’incontrano con quelle che provengono dall'esterno: il dipinto è come uno schermo diafano attraverso il quale si attua una misteriosa osmosi, si stabilisce una continuità tra il mondo oggettivo e soggettivo.
Alla base della mia pittura c’è una concezione espressionista nella ricerca di un senso spiritualistico laico piuttosto che scientifico.
Dunque la salvezza sta nello stile dell’arte, di quella tecnica artigianale screditata e avvilita ma ancora esaltata dalle mani dell’artista.
Per me la pittura è un modo insostituibile d’indagine delle strutture profonde dell’essere, una ricerca ontologica, una sorta di filosofia. Dalla prima sensazione visiva si forma il pensiero che scende e risale dalle viscere.
Ciò che immediatamente si coglie in queste mie ultime opere è il tono d’insieme, determinato da un contesto di accordi o dissonanze, note calde e fredde. Poi ci si avvede che la trama lascia trasparire profondità, strati e veli più interni, nel discorso sottile, quasi sacrale,per l’uso del bianco,che per la nostra cultura è sinonimo di purezza mentre per gli orientali è il colore della morte. I due estremi si toccano e il bianco che uso si pone in un terreno di mezzo tra il fisico e lo spirituale.
Al di là del linguaggio personale di ogni artista, che riflette pur sempre una concezione del mondo, non rimane che la singolarità del fare. L’artista esiste ed esiste perché fa: non dice che cosa debba o voglia fare nel e per il mondo, sta al mondo dare un senso a quello che fa.
Marina Legovini
Opere di Marina Legovini presentate l'8 marzo in occasione della rassegna letteraria organizzata dalla Provincia di Gorizia sul tema "Un amore tutto mio"
Sulla tela bianca un nitido segno di matita delinea, senza pentimenti, i contorni della figura femminile. L’icona si sostanzia con le prime ombreggiature, acquista rilievo per il depositarsi dello sfondo attorno al profilo del corpo. La figura lievita e la sua trasparenza si esalta in contrasto con la diversa consistenza dei sedimenti irregolarmente addensati attorno ai contorni. Sembrano i detriti di un’onda che, dopo aver investito la figura di donna, si ritirano fissandosi come ombra simbolica per rivelarne le pulsioni più intime sostanziando, per contrasto luministico, il corpo.
Frammenti di volti, accenni naturalistici, segni organizzati in funzione decorativa formano una fitta trama, una sorta di palinsesto che emerge baluginante da sotto lo strato della pennellata colante mentre la donna di Un’altra da me avanza a capo chino.
Nella tela raffigurante Un amore tutto mio, la stessa figura femminile viene esaltata dalla luminosità dello sfondo incontaminato e i tratti del volto in penombra si precisano rivelando il dolore lacerante della separazione e la gioia sconfinata che accompagnano la nascita di una nuova vita.
Come in un caleidoscopio le immagini della donna offesa ed umiliata che coraggiosamente leva le braccia al cielo proclamando Sono viva, si alternano alla sognante riflessione del Dopo ed al languido momento del Risveglio.
Ma nelle chiare tele di Marina Legovini ritroviamo anche trepidanti riflessioni sull'infanzia da proteggere, risolte pittoricamente con un braccio quasi invisibile che sorregge i Bambini per salvaguardarne il diritto alla spensieratezza e alla serenità. Un diritto che si spezza nel racconto della Sposa, dove la lievità del tessuto pittorico è come un velo di pianto posato sul tragico destino di una bimba. Vite infrante di cui si deve sapere per crescere, per salvaguardare il sé dell’anima e del corpo femminile, per dare sostanza alla delicata evanescenza di chi, come Martina, si affaccia alla vita.
Annalia Delneri
Curatrice Musei Provinciali